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Borders è una selezione competitiva nata dalla collaborazione tra Lago Film Fest e Concorto Film Festival, pensata come momento per riflettere, attraverso la rappresentazione cinematografica, su un concetto ricorrente nel dibattito contemporaneo e spesso difficile da definire: il concetto di confine. La parola confine è sempre più associata a termini quali conflitto, paura, esclusione, straniero. In un mondo che negli ultimi decenni si è trasformato rapidamente sull’onda velocissima della globalizzazione, sembra di assistere oggi a un brusco cambio di rotta: l’ideale universalistico di una federazione di Stati che aboliscano i confini che li separano per perseguire interessi comuni appare ovunque in crisi, messo in discussione da (spesso nefaste) rivendicazioni identitarie.

I film selezionati 

a cura di Claudia Praolini – Concorto Film Festival

489 YEARS, di Hayoun Kwon, Francia
Beauty of a Stateless Mind, di Lutia Swan-Hutton, UK
Do not come to Europe, di Lundberg Minna/ Pousette Hanna/ Joneström Pontus, Svezia
De l’autre rive (From the other bank), di Jean-Claude Banys, Francia
Initiation, di Teboho Joscha Edkins, Germania
Makhno, di Sandro Bozzolo, Italia
Meryem, di Reber Dosky, Paesi Bassi
Mille autres raisons (Many more reasons), di Clément Postec, Francia
No Man’s Land, di Asfaneh Salari, Portogallo/Iran
The temptation of fortress, di Martina Magri, Francia

Di seguito trovate le nostre recensioni, suggerimenti di prospettiva e di visione che ci auguriamo possano accendere il vostro interesse in vista delle proiezioni che si terranno all’interno della sedicesima edizione di Concorto Film Festival (19-26 agosto 2017)

489 YEARS – Hayoun Kwon
visto da Yorgos Kostianis

Adottando la prospettiva “soggettiva” di un videogioco sparatutto, l’artista multimediale e regista Hayoun Kwon ci presenta l’animazione digitale di una pattuglia sudcoreana lungo la zona del confine demilitarizzato con la Corea del Nord. Kwon affronta la difficoltà di rappresentare e percepire lo spazio liminale delle frontiere e la divisione che impone non è solo geografica ma anche psicologica. L’accuratezza foto-realistica del CGI rende la narrazione visuale più vivida mentre il narratore racconta una ronda attraverso la DMZ, e confessa che nonostante il fatto che per lui sia sempre stato un luogo frustrante, ha gradualmente cominciato ad apprezzarne la sua bellezza mistica.

BEAUTY OF A STATELESS MIND – Lutia Swan-Hutton
visto da Yorgos Kostianis

Beauty of a Stateless Mind di Lutia Swan-Hutton, è un documentario poetico di 10 minuti, chesi distinse grazie al prestigioso premio ‘NAHEMI Award for Creativity’ nell’Encounters Short Festival di Bristol, grazie al suo approccio originale e creativo su tematiche attuali quali l’immigrazione e i campi profughi. Segue la vita di tre artisti di origini e discipline diverse, mentre vivono nel ginepraio del famigerato campo profughi di Calais tristemente noto come ‘La Giungla’. La narrazione si snoda attraverso le loro individuali riflessioni sulla perdita, i sogni, l’immigrazione e su come il loro essere artisti li aiuti a far fronte alla propria realtà distopica.

DE L’AUTRE RIVE (FROM THE OTHER BANK) – Jean-Claude Banys
visto da Silvia Alberti

Il regista Jean Claude Banys è il destinatario e al tempo stesso la cassa di risonanza di alcune testimonianze di donne. Attraverso tele dipinte ci vengono raccontate le loro storie, tratte da un dramma attuale: l’immigrazione. Dall’altra riva infatti arrivano pur sempre esseri umani, che troppo spesso non vengono accolti in quanto tali. Le donne ritratte sono innanzitutto madri, è questo il filo rosso che percorre il cortometraggio: il dolore causato dalla separazione dai figli. Dolore e schiavitù moderna in forte contrasto con le ricchezze del mondo occidentale. Un divario che, come queste donne, trapassa ogni confine.

DO NOT COME TO EUROPE – Lundberg Minna/ Pousette Hanna/ Joneström Pontus
visto da Yorgos Kostianis

L’artista Svedese Pontus Joneström e la sua squadra capovolgono con questo documentario i preconcetti sulla vita dei rifugiati, mettendo lo spettatore nei loro panni, chiedendo ai cittadini Svedesi l’apparentemente stravagante domanda: “Potreste mai diventare dei rifugiati?”. Le risposte spensierate della gente intervistata per strada messe contrapposte ai racconti agghiaccianti dei rifugiati Congolesi su quanto loro stessi fossero impreparati e ignari dell’imminente guerra che li costrinse a fuggire in Uganda, costituisce la narrativa geniale che rende questo corto così profondamente commovente e introspettivo; come un riflesso della crisi morale della società moderna.

INITIATION – Teboho Edkins
visto da Silvia Alberti 

La commistione tra uomo e natura, i colori accesi, i canti di gruppo: riti che ci trasportano in un mondo a noi spesso estraneo, il mondo indigeno. Nello Stato del Lesotho, territorio enclave all’interno della Repubblica del Sudafrica, si consumano le stesse sfide delle civiltà occidentali. Una di queste è il passaggio dall’età dell’innocenza a quella adulta. Dieci minuti ci bastano per superare i confini e vincere l’estraneità.

MAKHNO – Sandro Bozzolo
visto da Yorgos Kostianis

MAKHNO è un film di Sandro Bozzolo, realizzato nell’ambito del progetto Alcoltra BORDERSCAPES. Esplorando, attraverso il suo “occhio di vetro”, i sentieri di montagna tra il Piemonte e la Francia, l’artista mette in discussione la nozione stessa del limite geografico, storico, politico e culturale. Mentre tenta di filmare una linea confinante tracciata sulla terra e cancellata dal tempo, Bozzolo presenta una raccolta di fotografia paesaggistica impeccabile, rivestita da una colonna sonora ricca di atmosfera interrotta solo dalla voce ipnotizzante della narratrice. “Se la gente non avesse abbandonato la linea della frontiera, questo tuo film non avrebbe senso” dice un viandante all’autore durante le riprese, condensando forse inconsapevolmente il significato di quest’opera.

MERYEM – Dosky Reber
visto da Yorgos Kostianis

In questo corto biografico l’autore ritrae Meyem, la comandante e materfamilias di un gruppo femminile di combattenti per la libertà nel cuore della battaglia di Kobani, contro l’IS. Attraverso lo sguardo incisivo di Dorsky, chi segue il gruppo come un’ombra, sbirciamo nella vita quotidiana di queste donne valorose e intrepide e della loro impavida leader Meyem, che le guida tra la brutalità e il caos della guerra con la ferocità di una tigre mentre le aiuta, con cura materna, a sorreggere il rammarico della perdita dei compagni caduti, cercando di tener vivo il filo di speranza verso un futuro di pace e libertà.

MILLE AUTRES RAISONS (MANY MORE REASONS) – Clément Postec
visto da Silvia Alberti

Semplicità assoluta. Risuonano due voci fuoricampo, alternate a riprese di paesaggi desertici e aridi. Un congiungimento perfetto tra l’aspetto esteriore dell’ambiente e quello che offre. Non è data nessuna possibilità alla vita di crescere, quest’ultima viene soffocata da pietre, polvere e pregiudizi. Cosa succede quando il rifugiato chiede asilo per motivi non politici? L’anima può morire anche se il corpo resta sano, si annulla ogni gerarchia.

NO MAN’S LAND – Asfaneh Salari
visto da Yorgos Kostianis

In No Man’s Land, la regista Iraniana, Afsaneh Salari approfondisce un altro tipo di confine: quello tra la vita e la morte. Il documentario è ambientato nella più grande impresa funebre di Portogallo e si focalizza sulle monotone e ripetitive vite quotidiane dei dipendenti, sottolineandone i tentativi di distrarsi dalla natura lugubre e funerea della loro linea di lavoro.

THE TEMPTATION OF FORTRESS – Martina Magri
visto da Silvia Alberti

Colori brillanti per l’ultimato Boulevard Périphérique; bianco e nero per vecchie fotografie di operai e soldati. Nel cortometraggio vengono raccontati due eventi contemporanei della Francia tra gli anni 50-60: la conclusione della circonvallazione di Parigi e la guerra combattuta nell’antica colonia dell’Algeria. Entrambi caratterizzati da una questione comune, resa evidente dalla citazione iniziale di Brecht (“Domande di un lettore operaio”): gli uomini che costruiscono la storia sono persone comuni e proprio per questo vengono facilmente dimenticate. Per questo l’unica voce che ci è concesso sentire è quella del ministro della difesa, Pierre Messmer. Una voce vibrante che si scontra con fotografie mute. Martina Magri concede loro almeno la commemorazione.