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testo introduttivo di Simone Bardoni

Sin dal 2009, parallelamente al concorso principale, ogni anno Concorto ha deciso di dedicare a un particolare Paese una sezione speciale del festival, con l’obiettivo di dare visibilità a cinematografie poco note al grande pubblico e di suggerire un’insolita prospettiva dalla quale confrontarsi con alcuni mutamenti sociali in atto in realtà particolarmente vivaci sotto il profilo culturale. Sono nati così i Focus su Polonia, Israele, Québec, Sud Corea, Svezia, Belgio, Iran, Grecia e Cuba.
Questo spirito e questa curiosità hanno spinto quest’anno l’organizzazione del festival a rivolgere lo sguardo sul cinema rumeno, vera fabbrica di talento realista, stilisticamente simile ed eterogenea al tempo stesso. Un cinema in “via di scoperta”, che solo negli ultimi anni è arrivato alla portata del grande pubblico, rimarcando la sua autonomia sia nei contenuti (lontani dalla tendenze o dalle mode) che nell’atteggiamento (la libertà espressiva senza compromessi sulle scelte).
É grazie a una generazione di cineasti che hanno riscosso un certo successo sia presso la critica e sia presso il pubblico dei festival di tutto il mondo, che il cinema rumeno è diventato una vera scuola registica, un banco di prova sulle sfide del nuovo realismo che il cinema europeo si trova ad affrontare, affiancandosi a quello francese, italiano e degli altri paesi. La “Caméra d’or” assegnata a Cannes nel 2006 a A Est di Bucarest di Corneliu Porumboiu (un film che proprio grazie anche a quel riconoscimento ha poi avuto poi un’ampia diffusione nelle sale di tutto il mondo) ha aperto la strada per la scoperta della generazione di cineasti rumeni nati tra la metà dei Sessanta e la metà dei Settanta. Generazione che ha saputo raccontare con grande lucidità i cambiamenti in atto nel proprio Paese, ma anche permesso di rivalutare i registi della generazione precedente, poco noti nel resto del mondo, ma capaci spesso di difendere la loro libertà creativa anche durante gli anni del regime di Ceaușescu.
Il cinema rumeno quindi, come testimoniato dai prestigiosi riconoscimenti internazionali assegnati ad alcuni dei suoi più noti esponenti, sta vivendo una fase particolarmente felice. Cristian Mungiu (Palma d’Oro a Cannes nel 2007 per 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni), Radu Mihaileanu (Train De Vie, Il Concerto), Calin Peter Netzer (Il caso Kerenes, Orso d’Oro a Berlino 2013) e Cristi Puiu (La morte del signor Lazarescu, Sieranevada), per citare solo alcuni dei cineasti che hanno raggiunto un certo successo sia presso la critica, sia presso il pubblico dei festival di tutto il mondo, raccontano il passato più recente e il presente del loro Paese (e nel caso di Mihaileanu anche quello collettivo europeo, con toni diversi dagli altri citati) con un realismo feroce e spietato, a tinte cupe, mostrando le profonde lacerazioni che attraversano una società uscita faticosamente dalla dittatura e alle prese con le contraddizioni e i contrasti determinati da una lunga crisi economica.
Come un passaggio generazionale di libertà creativa, dal duro periodo degli anni del regime fino ad oggi, il cinema rumeno vive d’identità espressiva unica. E il Focus 2017 dedicato alla Romania va proprio a indagare questa libertà di oggi, un periodo in cui questo cinema è finalmente considerato una scuola cinematografica di valore con alcuni elementi caratteristici ben riconoscibili, partendo dal soggetto imprescindibile dei rapporti umani. Cinema di sceneggiatura, di attori, di tensioni, ma anche di greve ironia, dove le persone sono al centro di tutto. Si è andati quindi a scoprire quali nuove tendenze si stiano sviluppando al suo interno, selezionando i lavori dei film-maker più giovani, per capire quanto influente sia in essi l’eredità del cinema realista della generazione precedente, quali nuovi temi si affaccino nelle storie raccontate e quali innovazioni tecniche e formali siano al centro della ricerca artistica più recente.
Otto cortometraggi diversi e allo stesso tempo simili, di quell’umanesimo unico che solo la Romania ci ha regalato negli ultimi anni.

I film selezionati 

a cura di Simone Bardoni e Alessandro Zucconi – Concorto Film Festival

ARTA (Art), di Adrian Sitaru, 2014
BUCUREȘTI-BERLIN, di Anca Miruna Lazarescu, 2005
CANDY CRUSH, di Andrei Georgescu, 2015
FARUL (The Headlight), di Ionut Gaga, 2017
A NIGHT IN TOKORIKI, di Roxana Stroe, 2016
PRIMA NOAPTE (First Night), di Andrei Tanase, 2016
RAMONA, di Andrei Cretulescu, 2015
WRITTEN/UNWRITTEN, di Adrian Silisteanu, 2016

ARTA – Adrian Sitaru
visto da Carlotta Magistris

Cortometraggio del 2014 presentato nello stesso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, “Arta” di Adrian Sitaru, uno dei registi emergenti più interessanti del suo paese, è una perspicace riflessione sul significato dell’arte, del cinema e della moralità, veicolata dalla trama quasi metacinematografica del provino che un regista intenzionato a girare un film sull’abuso dei minori fa a una giovane adolescente, e del successivo dialogo ideologico fra lui e la madre dell’aspirante piccola attrice, preoccupata per i contenuti sessualmente espliciti della pellicola. Brillante e maturo anche dal punto di vista registico, il corto è coronato da un finale perfetto per la direzione che il film prende, in cui regista e produttore si confrontano senza un terzo interlocutore sulle proprie visioni personali e il reciproco rapporto con il cinema.

BUCUREȘTI-BERLIN – Anca Miruna Lazarescu
visto da Margherita Fontana

In fuga dalla povertà e dal matrimonio, Ioana lascia Bucarest per Berlino alla ricerca di fortuna. Ad attenderla una realtà ben diversa da quella immaginata: una Berlino in crisi economica e apparentemente inospitale. L’incontro fortunato con un tassista di origini turche rappresenterà la svolta. Un’ode delicata alla ricchezza multiculturale della capitale europea.

CANDY CRUSH – Andrei Georgescu
visto da Carlotta Magistris

La realtà insegna che c’è ben poca continuità all’interno delle nostre vite fra gli eventi che costellano l’andamento di una storia d’amore. E in dodici minuti iperrealistici – nessun fuoricampo, nessun suono extradiegetico – e più o meno aderenti al tempo rappresentato nel film, in “Candy Crush”, corto del 2015 di Andrei Georgescu, entriamo nell’atmosfera confidenziale di un rapporto di coppia, in un pomeriggio che ha quasi del banale nella sua quotidianità, rotta come nella realtà per il più piccolo dei pretesti. Quarto cortometraggio del regista e interpretato da Alec Secareanu e Victoria Raleanu, con un finale estremamente aperto e vagamente inaspettato, il film è un interessante zoom asettico sull’amore spogliato dalla vena teatrale che siamo abituati a vedere su uno schermo.

FARUL – Ionut Gaga
visto da Margherita Fontana 

Una citazione dal libro di Giobbe introduce il soggetto del cortometraggio di Ionut Gaga: esiste ancora autentica rettitudine nel nostro mondo? Dio scommette con Satana dieci mila anime che ci sono ancora uomini giusti sulla terra. Il diavolo, nell’allegoria del regista, non è così brutto come lo si dipinge: prende le sembianze di un agente di polizia. La vittima designata è Radu Iovan, fermato a causa di un fanale rotto mentre si affretta per andare alla stazione a salutare la figlia in partenza per la Germania. Dilemma classico quello proposto al malcapitato: accettare la sanzione o scendere a patti col demonio.

A NIGHT IN TOKORIKI – Roxana Stroe
visto da Carlotta Magistris

Girato nel 2016 da Roxana Stroe, giovanissima regista di Bucarest classe 1991,“A night at Tokoriki” è la storia di una festa di compleanno sullo sfondo di un locale con un che di onirico e illuminato da soffuse luci neon anni ’80. La trama prende una piega inaspettata con l’arrivo di Alin e i suoi amici, che con la sua presenza fa riaffiorare momenti del passato volutamente dimenticati. Con i suoi colori pallidi e l’attenzione ai volti, in particolare quello del protagonista, il corto in diciotto minuti riesce a rendere giustizia ai tempi dilatati necessari a raccontare un dramma emotivo delicato, sapendo sorprendere sul finale pur mantenendo un certo realismo, supportato da una bella colonna sonora in primo piano e che per lo più sostituisce l’esigua sceneggiatura del film.

PRIMA NOAPTE – Andrei Tanase
visto da Carlotta Magistris

“Prima Noapte” di Andrei Tanase, presentato per la prima volta al festival di Venezia nel 2016, come trama sembra ricordare un topic già ritrovato nella sua perversione soft: un compleanno, un ragazzo introverso e verosimilmente problematico, il padre che decide di regalargli la sua prima notte adulta. Qualcosa di poco verosimile a livello di contatto con la realtà ma che in questo cortometraggio prende la direzione più naturale e forse meno cinematografica che ci si potrebbe aspettare, rappresentando con un’immagine coerente l’angoscia del protagonista, mai del tutto spiegata, che si divide fra le aspettative del proprio genitore e le proprie ansie personali, in sinergia, poi in conflitto, fino ad uno spontaneo finale incensurato.

RAMONA – Andrei Cretulescu
visto da Margherita Fontana 

Vincitore del premio Canal+ alla Semaine de la Critique di Cannes nel 2015, l’opera di Andrei Cretulescu, parte di una trilogia di corti iniziata con Bad Penny nel 2013 e ripresa con Kowalski nel 2014, è un thriller brutale, realizzato in totale assenza di dialoghi. Una vendetta, quella di Ramona, consumata con freddezza e senza pietà nello spazio di una notte.

WRITTEN/UNWRITTEN – Adrian Silisteanu
visto da Margherita Fontana

La giovane Babisa ha appena avuto una bambina, ma per lasciare l’ospedale ha bisogno della firma di sua madre che non vede da ormai molto tempo. Il doloroso ricongiungimento è un’occasione per riflettere sulla natura dei legami nel contesto di una famiglia rom. Nel corto diretto da Adrian Silisteanu, scritti e non scritti sono infatti i rapporti affettivi che legano genitori e figli: sono i documenti, le etichette a dirci a chi apparteniamo? La burocrazia asettica espressione dello Stato cede alla complessità dei legami reali, siano essi biologici o costruiti sulla consuetudine.

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