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A cura di Virginia Marcolini, Francesca Marchesini e in collaborazione con Stefania Cherchi (Donne in Nero) | recensioni di Virginia Marcolini e Francesca Marchesini

Concorto Film Festival propone uno spazio libero e incensurato all* regist* palestinesi. In un contesto di violenza endemica e di costante oppressione, riteniamo impellente garantire uno spazio di espressione e autorappresentazione di questo popolo. Svincolato da pretese di esaustività, l’obiettivo del focus è quello di scorgere piccole fessure su vite quotidiane, con uno sguardo che non schiacci le singolarità a un’esperienza univocamente percepita, e che allo stesso tempo non si riduca alla narrazione binaria e svilente di vittima-carnefice. La Palestina è una terra che lotta e resiste. Oltre a dare voce ad esistenze vessate da decenni di guerra, apartheid e pulizia etnica, ci sembra dunque doveroso restituire anche quei momenti personali e intimi di sfaccettate esperienza umane. I corti selezionati si muovono quindi su più piani, attraversando linguaggi multiformi e fornendo ritratti di una realtà dalla complessità così inafferrabile quanto tangibile.

Il focus è stato realizzato in collaborazione con Donne in Nero, una rete internazionale di donne nata in Israele nel 1988 per protestare contro l’occupazione dei territori palestinesi. Impegnate nella pace e in pratiche non violente, si oppongono attivamente all’ingiustizia, alla guerra, al militarismo e alle altre forme di violenza.

I film selezionati 

A cura di Virginia Marcolini, Francesca Marchesini e in collaborazione con Stefania Cherchi (Donne in Nero)

A’LAM (FLAG) di Saadi Saleh
BETHLEHEM 2001 di Ibrahim Handal
IN THE WAITING ROOM di Moatasem Taha
LOVESICK IN THE WEST BANK di Zagha Said
PALESTINE 87 di Bilal Alkhatib

Recensioni a cura di Francesca Marchesini

A’LAM (FLAG) di Saadi Saleh

Due amici di lunga data si ritrovano per un’ultima serata insieme prima che May raggiunga i propri parenti negli Stati Uniti. A’lam è innanzitutto una storia di amicizia profonda, di mutuo supporto e forte empatia. Il cortometraggio di Saadi Saleh, al contempo, riesci a far trasparire la rabbia causata dalla vita in un contesto di apartheid – l’oppressione del popolo palestinese non è il centro della narrazione, ma la sottotrama che pervade la vita dei due protagonisti e che emerge durante i conflitti. Una preoccupazione costante che i personaggi provano a mettere da parte vivendo la loro quotidianità.

LOVESICK IN THE WEST BANK di Zagha Said

La commedia di Zagha Said stravolge la narrazione canonica del dramma dei colonizzatori e dei controlli militari con un sarcasmo sagace. In Lovesick in the West Bank lingue e ideologie differenti si incontrano in maniera quasi surreale, lasciando spazio al regista di prendersi gioco della violenza con cui i sionisti avanzano pretese sulle case palestinesi. La vita di un’anziana coppia in Cisgiordania si trasforma in una spy story, quando, una mattina, il turista statunitense Avi si presenta alla porta… Fin dove può spingersi un giovane per riconquistare la propria amata?

Recensioni a cura di Virginia Marcolini

PALESTINE 87 di Bilal Alkhatib

Un uomo mite vive in un villaggio rurale con i genitori. Degli spari e la fuga precipitosa di due ragazzi che scappano dai soldati israeliani turba la placidità di quella giornata apparentemente normale. Atef si ritrova anche lui, senza sapere il perché, a correre e diventa preda di un inseguimento mirato. I movimenti confusionari della telecamera, che insegue a sua volta il protagonista, rendono gli attimi di panico ancora più concitati. Dove impera la legge marziale, scaturisce la solidarietà tra i cittadini: è infatti grazie a un escamotage improvvisato da una signora e dalla nipote che il protagonista riesce a fuggire la furia dei militari e a salvarsi. In pochi minuti, il corto riesce a fornire uno squarcio delle abituali vessazioni e intimidazioni con cui i civili palestinesi sono costretti a convivere senza edulcorarne la sostanza ma concedendoci uno sperato lieto fine.

 

BETHLEHEM 2001 di Ibrahim Handal

È nella solitudine della propria stanza buia che un giovane palestinese si immerge nei ricordi dell’invasione militare e dell’assedio della sua Betlemme. Qui il giovane ripercorre i drammatici momenti vissuti durante la seconda intifada e rievoca stralci di vita quotidiana della sua infanzia e dei suoi genitori. Nell’immaterialità sospesa della memoria non si parla, ma si ascolta e si osserva. Il suono diventa protagonista violento: spari, passi pesanti, un rivolo d’acqua che scorre e il silenzio. Le immagini di archivio si alternano singhiozzanti alla ricostruzione personale del protagonista, la cui voce narrante ci guida a riflessioni sul presente e a rielaborazioni del passato.

 

IN THE WAITING ROOM di Moatasem Taha

Il giovane Hussein accompagna la madre a fare una visita all’ospedale, per la prima volta dopo la morte del marito. Lei è risoluta, sa dove deve andare e il figlio arranca a prevederne e ad arginarne i movimenti. La sua indipendenza viene però meno di fronte al muro linguistico che la separa dalle persone che incontra: il suo ebraico, infatti, è arrugginito e strappare piccole conversazioni diventa un esercizio di umanità. La sala d’attesa è il terreno fertile per intercettare sguardi, accennare saluti, e sfoderare sorrisi confusi che camuffano, teneri, l’incomprensione. Straripando dolcemente verso l’altro, la donna esorcizza la solitudine derivata dalla mancanza del marito, e ne accoglie la dipartita.

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