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A cura di Francesca Marchesini e Vanessa Mangiavacca
In collaborazione con dAS Festival | recensioni a cura di Francesca Marchesini e Vanessa Mangiavacca

In film, I can make the world dance. Così scrisse Maya Deren, une delle figure più importanti del cinema d’avanguardia, nonché pioniera di quello che sarà poi definito coreocinema. Se ci avviciniamo al pensiero di Maya Deren dobbiamo iniziare a osservare e immaginare il mondo come un grande palcoscenico in cui corpi danzanti possano esibirsi.

La storia della danza va di pari passo con quella della civiltà, dai rituali religiosi alle rappresentazioni teatrali. Nella società contemporanea, la rivendicazione di uno spazio per mezzo del movimento del proprio corpo è ancora un gesto politico, soprattutto quando le pluralità di identità a esso collegate sono fluide, non conformi al pensiero dominante. La danza è un istinto primordiale che spinge al moto, un elemento di spontaneità ed emancipazione, di collettività, aggregazione ed espressione del sé. Un popolo che non può danzare è un popolo oppresso e le possibilità che ha quest’arte di manifestarsi all’interno di una società sono il simbolo della sua libertà. Occorre quindi domandarsi: posso danzare in questa casa? Posso danzare in queste strade? Posso danzare nel mondo?

È questa l’idea di fondo che guida il nuovo focus tematico di Concorto Film Festival, accompagnato da un talk tematico con dAS Festival, il primo festival multidisciplinare dedicato alle arti della danza e della coreografia sul territorio piacentino.

I film selezionati 

A cura di Francesca Marchesini e Vanessa Mangiavacca
In collaborazione con dAS Festival

And I’m dancing too di Mohammad Valizadegan
Physical Culture
di Anna Bogomolova
NUNCA FUIMOS UN DESIERTO di Agustina Comedi + Chiachio & Giannone
Terra Mater di Kantarama Gahigiri
Impossible Image di Karen Pearlman

Recensioni a cura di Francesca Marchesini e Vanessa Mangiavacca

And I’m dancing too di Mohammad Valizadegan

Saba si muove per le strade della sua città iraniana con passo deciso, coraggioso, audace. Le sue domande curiose ai passanti sollecitano pensieri e desideri opposti: di libertà, quando lo sguardo dall’altra parte dell’obiettivo è femminile, di oppressione, quando a rispondere è un uomo anziano. Tra le vie e le piazze, corpi di forma variegata attraversano lo spazio pubblico. Alcuni di loro ballano. I ragazzi lo fanno con spavalderia, le ragazze – alcune – si nascondono. Anche Saba vuole diventare danzatrice e con la sua handycam sta preparando il video per essere ammessa a una scuola di danza, oltre i confini di quel paese in cui alle donne viene proibito di ballare pubblicamente. Ma le rigide regole della società iraniana e la morsa dell’ingiustizia busseranno presto al destino di Saba. Starà al suo corpo farsi vettore di un nuovo e potente desiderio di futuro, emancipazione e libertà.

 

Impossible Image di Karen Pearlman

Karen Pearlman fonde passato (materiale di archivio) e presente (coreografia), creando un montaggio di rabbia e ironia femminista. Riproponendo scene e gestualità legate al mondo del film muto anni ‘20, Impossible Image è un inno contro le norme di genere e il patriarcato, un documentario brillante sull’anarchia e lo spirito rivoluzionario che, contrariamente alle narrazioni canoniche e stereotipate, è sempre stato intrinseco all’animo femminile.

 

NUNCA FUIMOS UN DESIERTO di Agustina Comedi + Chiachio & Giannone

Non siamo mai stati un deserto, piuttosto esseri carichi di linfa vitale, caldi di affetto e pulsanti di energia. La spontanea coreografia che prende gioco davanti alla cinepresa 16mm di Agustina Comedi e del duo Chiachio & Giannone è un grande girotondo colorato: vibrante d’immenso, nel suo abbraccia tradizioni, riti e culture lontane. Nel suo tessere insieme gli episodi biografici e i pensieri di individui prima inascoltati, che nel proprio vissuto si sono dovuti scontrare con tutto ciò che veniva considerato fuori dal canone. Su quella sabbia dal senape vivo, non esiste razza, confine, pregiudizio: nel moto circolatorio generato da quella danza di autodeterminazione, ognuno dichiara con gloria il proprio io, rivendica il proprio passato unendolo a quello dell’altro, creando una nuovo senso di comunità.

 

Physical Culture di Anna Bogomolova

Il cortometraggio di Anna Bogomolova è un’esplosione neon che illumina il sudore dei corpi danzanti messi in scena. La regista sceglie di documentare come il movimento sia sinonimo di liberazione ed espressione del proprio io, sottolineando la centralità del corpo come strumento primario per esperire la vita. Il corpo è un archivio di sensazioni che dà vita a una cultura fisica e del fisico. Il linguaggio scelto è estremamente giocoso e queer, svincolato da ogni pregiudizio.

 

Terra Mater di Kantarama Gahigiri

Una terra malata e un popolo costretto a vivere tra l’inquinamento e i rifiuti della parte più ricca del mondo. Il movimento e il canto come mezzo di rivoluzione. In Terra Mater la danza è lo strumento utilizzato per sottolineare la necessità di sovrastare e rimpiazzare un sistema – purtroppo – ben consolidato di suprematismo e iperconsumismo. I corpi si fondono con la sporcizia, nascosti tra le montagne di rifiuti… o meglio, in passato rimanevano nascosti, dominati, mentre ora rivendicano con forza non solo il proprio diritto a esistere, ma reclamano con forza un nuovo modo di vivere, che faccia crollare tanto le piramidi di rifiuti quanto quelle sociali gerarchicamente costruite.