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a cura di Margherita Fontana e Chiara Ghidelli

Torna a Concorto anche quest’anno Guilty Pleasures, il focus dedicato alla “cinematografia erotica”. Con questo termine intendiamo tutte quelle opere filmiche che si confrontano attraverso uno sguardo lucido e tagliente con i temi della sessualità, delle alleanze che gli esseri umani stringono attraverso i corpi e del valore politico di questi legami. Lungi dall’essere vizio, o orpello estetico in una società post capitalista, l’eros è prima di tutto atto performativo dal valore potenzialmente rivoluzionario, spinta antisociale nel cuore della socialità, indicibile al centro del discorso. Aprendo dunque gli orizzonti dell’erotismo, Guilty Pleasures ambisce a mostrare il potenziale sovversivo della sessualità in una società ancora imbrigliata nell’ideologia patriarcale.
Le opere brevi selezionate quest’anno si distinguono per il loro taglio intimista e per il loro significato politico. Attraverso sguardi plurali, la sessualità viene esplorata nel suo essere confinata nello spazio privato della camera da letto, luogo intimo per eccellenza (After a room di Naomi Pacifique), nel suo potere pervasivo degli spazi pubblici (Sauna di Lara Perren, Anna Lena Spring) o anche nel suo essere specchio di un sistema di violenza che abita(va) la società (Granny’s Sexual Life di Urska Djukic e Émilie Pigeard). Space Is Quite a Lot of Things di August Joensalo ci trasporta invece al cuore del rapporto tra identità di genere e sensazioni corporee, inserendosi in quella prospettiva utopistica tipica di alcune prospettive transfemministe. Molte le voci e i corpi femminili presentati: dalle confessioni “senza corpo” della donne pakistane riguardo alle loro preferenze sessuali (How I Like It di Nida Mehboob), alla classica figura hollywoodiana della ragazza (bianca) americana che è appena stata lasciata dal fidanzato (Aspirational Slut di Caroline Lindy).
Facendo emergere corpi, identità e contesti nella loro peculiarità e alternando registri diversi, dal documentario alla commedia satirica, passando per l’animazione drammatica, Guilty Pleasures si offre ancora come uno spazio femminista di riflessione e ricerca intorno alla dimensione politica della sessualità. Perché, come diceva un famoso slogan degli anni Settanta, nato nei gruppi di autocoscienza e mai come adesso attuale, “il personale è politico”.

I film selezionati 

a cura di Margherita Fontana e Chiara Ghidelli

Aspirational Slut, Caroline Lindy, fiction, USA, 2022

Babičino Seksualno Življenje (Granny’s Sexual Life), Urska Djukic, Emilie Pigeard, animazione, Slovenia, Francia, 2021

Eftir herbegi (After a Room), Naomi Pacifique, fiction, Regno Unito, Paesi Bassi, Svizzera, 2021

How Like It, Nida Mehboob, documentario, Pakistan, 2021

Sauna, Lara Perren, Anna Lena Spring, animazione, Svizzera, 2021

Space Is Quite a Lot of Things, August Joensalo, documentario, Svezia, Finlandia, 2021

Space is quite a lot of things di August Joensalo

Attraverso l’intimità di un dialogo indagato dalla camera di August Joensalo, quattro persone transgender raccontano un viaggio che percorre un mondo utopico in cui l’identificazione di genere non è più un’esigenza da soddisfare. Interrogandosi sul perché sia così importante percepire l’identità di genere all’interno della realtà in cui viviamo, il documentario si serve dell’estetica sporca e sincera del videotape ritraendo la libertà e la bellezza di corpi che, come meduse in acqua, si muovono fluidi e sicuri riappropriandosi dei loro spazi. Intrecciando immagini psichedeliche capaci di astrarre le forme della realtà, Space is quite a lot of things riesce ad accostare natura e corpo rendendoli parte della stessa texture, in un continuo parallelo in grado di svelare quanto tutto sia, alla fine, semplicemente naturale. 

After a room di Naomi Pacifique 

Naomi e Ram trascorrono ore all’interno della loro stanza, non-luogo fumoso calato in un tempo in cui è sempre notte. Presentato al 74° Festival di Locarno, After a room restituisce per immagini il tema dell’esplorazione, tanto dei luoghi quanto di sé stessi, mettendo in scena un’indagine continua di spazio e corpi, fusi tra loro e ormai privi di confini. Naomi Pacifique accosta videotape di infanzia ad immagini di un presente sospeso, raccontando l’evoluzione di un corpo ormai mutato che ha tuttavia conservato la sua riconoscibilità nel suo modo di muoversi nel mondo. Un’evoluzione che porta alla nascita e alla scoperta dell’erotismo nella sua massima espressione, nel suo essere prima intimità e solamente dopo atto sessuale, in una zona in cui tutto è comfort e niente è tabù.

How I like it di Nida Mehboob

In paesi come il Pakistan, i confini tra pubblico e privato sono rigidamente segnati. Per le strade, poche tracce di quel mondo femminile a cui non è concesso nemmeno avere un’immagine da mostrare. Sfruttando la potenza del linguaggio documentario, Nida Mehboob restituisce a quel mondo un volto e una sincera identità. Attraverso una raccolta di voci fuori campo, How I like it dà vita a una catena potenzialmente infinita di racconti, svelando un mondo in cui il diritto al piacere trova lo spazio per essere reclamato. Tra libere fantasie, libero autoerotismo e libere perversioni il documentario si fa pubblicazione e rivendicazione di quel desiderio sessuale tipicamente femminile, di quell’erotismo che è punto di partenza di una ribellione contro un’oppressione generalizzata. Un eros dal valore politico, manifestazione sincera e inevitabile di corpi che non possono fare altro che testimoniare il loro essere donna. 

Granny’s Sexual Life di Urska Djukic, Émilie Pigeard

Basato su testimonianze anonime raccolte da Milena Mikalavcic nel libro “Fire, Ass and Snakes are not toys”, Granny’s Sexual Life racconta uno spaccato della condizione delle donne slovene nella prima metà del 20° secolo. Ibridando documentario e animazione, Urska Djukic indaga la problematica dei ruoli di genere condannata tanto dagli occhi di una bambina quanto da quelli di una moglie. Una raccolta di memorie diventa coro di voci capaci di parlare al presente, denunciando spirali di violenza rimaste per anni impunite e taciute. A cornice del racconto, vecchie fotografie di archivio mostrano gesti e fisionomie che sembrano contenere in loro quegli stereotipi di genere storicamente radicati, verso un pensiero che denuncia quanto la violenza non possa essere genetica ma solamente appresa.

Sauna di Lara Perren, Anna Lena Spring

Nel silenzio e nel calore di una sauna che fa evaporare i corpi, Ava esplora per la prima volta uno spazio in cui non esiste pudore. Grazie alla semplicità delle sue situazioni tanto quanto delle sue animazioni, Sauna riesce a costruire visivamente il percorso del lasciarsi andare verso l’accettazione del proprio corpo, non abituato a guardarsi e ad essere guardato. Bloccata inizialmente dall’imbarazzo e dal timore di mostrarsi, Ava imparerà in breve tempo la bellezza dell’innocua condivisione della propria immagine e della propria libertà, imparando il gesto del mostrarsi attraverso l’atto della libera osservazione, in un microcosmo che celebra silenziosamente le diversità e le bellezze del corpo. Un trionfo dei sensi. 

Aspirational Slut di Caroline Lindy

Distrutta dall’ennesima relazione con l’ennesimo ragazzo che credeva l’amore della sua vita, Rosemary è in un mare di lacrime. Non sa ancora che da lì a poco il campanello di casa sua suonerà e la sua vita prenderà (finalmente) una piega diversa. Con i leggeri toni della commedia, Aspirational Slut rende iconica una storia che potrebbe appartenere a chiunque. Personaggi e situazioni macchiettistiche si susseguono in una catena di eventi che porterà la protagonista ad una nuova idea di sé, esplorando quel campo per lei ancora sconosciuto del sesso occasionale che la renderà più libera e più consapevolmente donna.