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Puntuale come le tasse, è arrivato il nuovo film del Paolone nazionale. In questa sua ultima fatica, Virzì sembra ondeggiare tra un Amarcord e un j’accuse al cinema italiano (di ieri? di oggi?), senza omettere la gigioneria che lo caratterizza.

Sofia Brugali e Margherita Fontana ce ne parlano qui, su AsinoVola.

Notti Magiche – visto da Sofia Brugali

La nuova commedia poliziesca di Paolo Virzì ci trasporta ancora una volta nel suo mondo di grandi sogni e realtà agrodolci. Nel più ampio palcoscenico della Roma degli anni Novanta, assorbita dalle speranze dei Mondiali di calcio, ipnotizzata di fronte agli schermi televisivi durante le “notti magiche” delle partite dell’Italia, seguiamo le mirabolanti avventure di tre giovani aspiranti sceneggiatori dai tratti eterogenei ed esasperati: un toscano scapestrato, segretamente toccato dalla morte del padre; un siciliano dotto e impacciato e una borghese romana in conflitto con il genitore e dipendente dalle droghe più svariate. La vicenda si sviluppa a partire da quello che parrebbe essere il suo epilogo: il sipario si apre il 3 Luglio con la fine delle ambizioni dell’intero popolo italiano nella sconfitta contro l’Argentina, ma anche con la morte di ogni progetto legato al cinema dei protagonisti, incarnata da quella del produttore Leandro Saponaro, la cui macchina finisce nel Tevere in una scena degna di un film d’azione. Con questo espediente, si vengono a creare due diverse realtà sceniche: quella del presente in cui i tre giovani, accusati della morte di Leandro, ripercorrono i fatti di fronte ad una platea di poliziotti e quella del passato, dei racconti, in cui sono gli stessi aspiranti sceneggiatori a sostenere la parte di attori, dall’arrivo a Roma come finalisti del Premio Solinas per la migliore sceneggiatura, passando per l’esperienza frustrante del mondo del cinema, per poi arrivare alla disillusione e all’abbandono delle iniziali aspirazioni. Sul finire della pellicola, la doppia prospettiva viene superata prima dal comandante, che da spettatore diviene critico, e poi dallo sguardo quasi giornalistico sul futuro dei tre giovani personaggi, le cui vite sono andate avanti nonostante la delusione, segnate da quel breve-ma-intenso periodo condiviso.

Notti Magiche – visto da Margherita Fontana

Dopo la trasferta negli Stati Uniti per The Leisure Seeker, Virzì torna in Italia con un film che suona come un appello e un rimprovero alla generazione di cineasti a cui appartiene (e dalla quale proviene). Siamo a Roma nel 1990, le Notti magiche sono quelle dei mondiali di calcio cantate da Gianna Nannini e Edoardo Bennato. Davanti ad un chiosco lungo il Tevere tutti sono incollati alla TV per quella famigerata semifinale Italia-Argentina, al punto di non accorgersi che un’auto è appena precipitata nel fiume (e qui metafora dell’intreccio di storia collettiva e vicenda personale, da tenere a mente per dopo). All’interno dell’abitacolo, c’è il cadavere del produttore cinematografico in declino Leandro Saponaro. A seguito delle accuse della ragazza coccodè, nonché compagna del Saponaro, Giusy, vengono condotti in commissariato i tre giovani finalisti del Premio Solinas, che hanno trascorso con il produttore le ultime ore fatali: Eugenia, ricca (e complessata) borghese romana, Luciano, un toscanaccio di Piombino e Antonino, affettato siciliano. Il film racconta l’impatto dei tre giovani (personaggi grotteschi o allegorie delle future scuole?) con il mondo del cinema italiano, un gerontocomio più impegnato a discutere in osteria che a formare i propri eredi. Piuttosto che un flashback, Virzì suggerisce, anche attraverso i toni della fotografia, che ciò che vediamo è un marchingegno architettato da tre talentuosi giovani sceneggiatori per allontanare i sospetti da loro stessi. Tutto quello che si vede sta per qualcos’altro: Notti magiche è un’articolata metafora di (una) crisi del cinema italiano. Piovono citazioni e riferimenti. Il risultato però è una caricatura che sembra più un inside joke di due ore, che una satira tagliente (o un nuovo Amarcord).

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