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Testo a cura di Claudia Praolini.

All’interno del Focus Argentina e nell’ambito del progetto El Cine es un Puente en el Oceano, sviluppato durante l’anno in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Pontenure, Concorto ha la possibilità di presentare un programma interamente dedicato alle produzioni di alcune scuole di cinema argentine, con la collaborazione, da Buenos Aires, della Universidad del Cine e del Centro de Investigación Cinematográfica. La proiezione si terrà mercoledì 23 agosto alle 18.00 presso la serra di Palazzo Ghizzoni Nasalli, vicolo Serafini 12.

Per entrare “in the mood”, ecco un testo che racconta una delle tante peculiarità che caratterizzano questa terra, la Sindrome di Nespral.

“La questione nacque ad inizio secolo, per la precisione nel 1805 quando nel bel mezzo della pampa venne ritrovato, smarrito e confuso, un commerciante di pelli francese, Gaston Cremieux.”

Siamo arrivate a Buenos Aires il 12 giugno. Le porte scorrevoli dell’Aeroparque si sono aperte e un senso di lieve vertigine ci ha sopraffatto, il sintomo di un malanno bizzarro che il viaggatore contrae se decide di esplorare questo singolare paese.

A dire il vero ci eravamo preparate leggendo l’ormai celeberrimo tomo del professor Bernardo Nespral, quel “Historia de tratamiento del síndrome de la disparidad espacial en Argentina” dato alle stampe nel 1858 e rimasto da allora l’unico tentativo scientifico di dare una spiegazione alla Sindrome Nespral. Dopo lunghi anni di studi l’esimio luminare illustrò in 568 pagine e 14 tavole la causa e gli effetti di quella Sindrome sulla quale decine di colleghi si erano invano arrovellati. La questione nacque ad inizio secolo, per la precisione nel 1805 quando nel bel mezzo della pampa venne ritrovato, smarrito e confuso, un commerciante di pelli francese, Gaston Cremieux. Al povero Cremieux venne diagnosticata all’epoca una semplice disfunción psiquiátrica de amnesia general, venne chiuso nella Casa de Los Locos di Corrientes e ivi purtroppo morì pochi anni dopo. Il triste episodio si rivelò purtroppo essere il primo di una lunga serie; nel corso degli anni seguenti sempre più ritrovamenti cominciarono a delineare la gravità del problema tanto da far pensare ad una sorta di pernicioso contagio in atto in tutto il paese. I malcapitati (e le malcapitate, che il morbo , si evinse, non risparmiava il gentil sesso) turbati e in preda allo stordimento, venivano ritrovati in lande desolate de l’interior argentino o alla deriva sulla Ruta 40, con le scarpe consumate da un girovagare senza meta oppure ahimè come i poveri fratelli Guzman, recuperati già in forma di cadavere, congelati dall’impietoso vento patagonico. Nel 1857 la sindrome colpì anche Rafaela Matamoro, cugina (e amante) del Nespral; la poveretta, seppur soccorsa nell’immediato, mai si riprese. Fu allora che lo scienzato decise si dedicare gli ultimi anni della sua già fulgida carriera al morbo misterioso che riduceva in pappa il cervello di tanti viaggiatori in terra argentina.

“Epperciocchè lo smarrimento e la confusione dei cervelli traggono radice dalle dimensioni immense che gli spazi e le cose geografiche posseggono in Argentina.”

Dopo 11 anni di ricerche, accurate anamnesi sui sopravvissuti, teodolitici rilevamenti del territorio, Nespral giunse alla teoria illustrata nella sua Historia ed enorme fu l’eco della sua scoperta quando si apprese che il morbo originava direttamente dalla geografia. Il mistero è svelato a pagina 349 del ponderoso tomo ove l’autore scrive “(…) Epperciocchè lo smarrimento e la confusione dei cervelli traggono radice dalle dimensioni immense che gli spazi e le cose geografiche posseggono nel Paese (l’Argentina, NdR) qui essendo i luoghi della fisica di terra e d’acqua senza apparenti confini, la qual cosa precipita la coscienza umana in uno stato di turbamento, che l’idea di infinito, come quella di eterno, non si misura e se si vuol tentare di contenerla negli occhi e nella meninge, ivi deflagra riducendo il soggetto allo stato di demente itinerante”.

Dunque, dicevamo, le porte scorrevoli dell’Areoparque si sono aperte. Sopra di noi il cielo australe di un azzurro compatto e al di là della strada trafficata “Guarda, il mare!” . Vertigine e straniamento sono arrivate insieme quando scoprimmo che non di mare si trattava bensì di fiume, un fiume infinito, con un’unica sponda, quella da cui guardavamo una vastità liquida e brillante, un oceano d’acqua dolce la cui sponda nascosta giaceva laggiù, a 220 chilometri di distanza. Confuse e ammaliate ci siamo incamminate verso Retiro, la stazione degli autobus più grande del mondo. Il nostro viaggio in Argentina era cominciato.