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a cura di Vanessa Mangiavacca

Back to Black nasce con l’intenzione di esplorare le forme della cinematografia afrodiscendente contemporanea – con uno sguardo specifico sulla realtà americana – attraverso le tematiche emerse dalle proteste del movimento Black Lives Matter.

Se all’interno di altri contesti artistici in particolare musicale è facile parlare di black culture riconoscendone i percorsi e l’industria di riferimento, a livello cinematografico le opere dei filmmakers afrodiscendenti trovano ancora una difficile collocazione, quasi diasporica, proprio per il loro carattere ibrido, innovativo e rivoluzionario. Cultura e politica divengono estremamente interconnesse e ne sono prova la (ri)scoperta in maniera massiccia di una cinematografia nera fino ad oggi poco conosciuta, differente e lontana dalla narrazioni stereotipate o vittimistiche a cui eravamo e ci hanno abituati.

Questo insieme di ragioni ci ha portato alla definizione del focus Back to Black, il cui titolo esprime la volontà di tornare a riflettere non solo sulle problematiche razziali e identitarie che interessano la società odierna, ma anche sulle possibili forme espressive visive del futuro. A tal proposito è proprio alla corrente afrofuturista che quest* artist* attingono, servendosi di tutte le possibilità concesse dal mezzo cinematografico, mixando i generi e osando senza timore. Emerge così la ricerca e la definizione di un linguaggio personale, libero, caratterizzato da una nuova estetica capace di scomporre e reimmaginare il presente.

Toccare temi che non abitano la tua pelle non è facile: grazie a Justin Randolph Thompson dell’Associazione Black History Monthper i consigli.

I film selezionati 

a cura di Vanessa Mangiavacca

A terrible fiction, Larry Achiampong & David Blandy, UK, 2019

Dear Philadelphia, Renee Maria Osobu, UK, 2021

I ran from it and was still in it, Darol Olu Kae, USA, 2020

Octavia’s Visions, Zara Zandieh, Germany, 2021

Rise, Barbara Wagner, Benjamin de Burca, Canada/Brazil, 2019

White Afro, Akosua Adoma Owusu, Ghana/USA, 2019

Recensioni a cura di Vanessa Mangiavacca

A TERRIBLE FICTION by Larry Achiampong & David Blandy

Why do we keep creating enemies to define ourselves? Defined through difference, a shade becomes shorthand for identity.

Larry Achiampong e David Blandy sono un duo di video artisti inglesi che tra ricostruzione digitale e installazioni pongono interrogativi sulle contraddizioni legate a razza, razzismo e le conseguenze della postcolonialità. In A terrible fiction la loro ricerca progredisce attraverso l’analisi di due prospettive opposte, il concetto di razza inteso come classificazione biologica e quello che la considera mero costrutto sociale e storico. A partire dalle ricerche tassidermiche sugli uccelli effettuate da Darwin, prende forma un acuto monologo che ha per oggetto il colore della pelle. L’epidermide viene zoomato fino al limite e diviene un un reticolo di storia e sofferenze. La realtà virtuale e gli avatar creati sono solo un riflesso illusorio della libertà che una società avanzata e digitale crede di possedere: ricalcano e riflettono gli stessi schemi e le stesse disparità sociali che esistono nel mondo reale.

DEAR PHILADELPHIA by Renee Maria Osobu

Dear Philadelphia nasce come progetto fotografico e sfocia solo in un secondo mento in documentario, una lettera d’amore alla città ma soprattutto ai suoi abitanti, scritta e immortalata da Renee Maria Osobu, giovanissima fotografa londinese alle prese con il suo primo cortometraggio. Philadelphia – Philly – è ritratta in bianco e nero, priva di colori e un po’ in penombra come i retorscena delle famiglie che lì vi vivono. Una serie di ritratti e movimenti lenti accarezzano senza invasività i volti di tre fratelli – Josh, Mel e Dot – e le loro storie, evidenziando uno dei più grossi problemi dei quartieri popolari della città, lo spaccio di droga: “Schools getting shut down, more prisons is being open”. Tra il desiderio di fuggire via – su un cavallo o una moto – e quello di restare, vince il secondo: Dear Philadelphia è fratellanza – sorellanza – nonché un sincero omaggio allo spirito di unione, resistenza e speranza della comunità afro-americana.

I RAN FROM IT AND WAS STILL IN IT by Darol Olu Kae

Sono scappato e ci sono ancora dentro: dalle immagini, dal lutto, dal dolore, dalla famiglia, dal ricordo, dall’amore. Vincitore del Pardino d’oro per il miglior cortometraggio internazionale al Locarno Film Festival 2020, l’opera breve di Darol Olu Kae è un found-footage che ricostruisce attraverso archivi pubblici online e riprese amatoriali di famiglia un immaginario personale, nel suo insieme mai esistito, la cui realizzazione coincide con la scomparsa del padre. Una sorta di giornale filmato che si esprime attraverso la musica e le voci nere della cultura e dell’arte afroamericana, da J. Cole a Sam Cooke, da James Baldwin al pianista jazz Horace Tapscott. La storia intima muta in un racconto comunitario, una poesia identitaria che abbraccia la suo interno le complesse sfumature legate all’identità nera.

OCTAVIA’S VISION by Zara Zandieh

Parlare di Octavia Esteller Butler come di una scrittrice di romanzi di fantascienza non è abbastanza, la sua visione la rende una rivoluzionaria, controcorrente e fuori dagli schemi pur nella sua pacatezza. Una outsider, una donna afroamericana che scrive di fantascienza negli anni ‘80, pressoché sconosciuta nel nostro Paese (i suoi romanzi non sono ancora stati tradotti in italiano). Razza, potere, religione, ambiente, identità di genere, proteste, ribellione, guerre: tutto è intrecciato e gli elementi ritornano, si richiamano, seppur distanti nel tempo. Le ondate di odio, indifferenza, di paura, impossibile immaginarle come slegate: ognuna influenza l’altra, in ogni aspetto, in ogni società e angolo terreste, dal più ricco al più povero. Sguardo queer e decoloniale, Zara Zandieh crea un’opera simultanea, fluida ed immersiva che rivolta nello stesso contenitore i drammi del presente, facendo proprio il messaggio per il quale Butler ha lottato per tutta la vita.

RISE by Barbara Wagner and Benjamin de Burca

R.I.S.E stands for Reaching Intelligent Souls Everywhere and is the name of a Toronto-based creative association founded a few years ago by poet Randell Adjei. The video artist duo, Barbara Wagner and Benjamin de Burca, takes us to the capital’s new subway system that connects the city center to the suburbs, capturing the urban performance staged by a diverse group of singers, rappers, dancers, and poets to be. In RISE, several identities and origins come together, young girls and boys, mainly children of African and Caribbean immigrants: a melting pot, a contemporary cross-section of cultures and genres that seek their voice with the help of hybridization and the power of the word.

WHITE AFRO by Akosua Adoma Owusu

Akosua Adoma Owusu, Afro-American director of Ghanaian origin, is one of the leading voices of black cinema and contemporary video art and an experimental artist. Her White Afro, premiering in Italy at Concorto, is the last part of a short film trilogy that celebrates black women’s hair and the Afro hairstyle as an element of identity and identification. Within the American framework, even aesthetics become a political issue: Akosua works on archive materials produced by the Barbers, Beauticians, and Allied Industries Association on how to give a perm to white customers. Archive images dating back to the 60s overlap with the oral narration in Ghanaian of Akosua’s mother, herself a hairdresser. Even hair salons have fallen victim to white colonization and six minutes are more than enough to expose the deep contradictions rooted in American racism. Origin and social class are two key factors that always come back in Akosua Adoma Owusu’s works, without ever clashing with each other: they are rather two consciousnesses that live side by side, analyzing and scrutinizing each other to find their place in the free cinema experimentation.

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