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Secondo giorno di Concorto, dopo una prima serata a base di green pass, falafel, bataro e film visionari.

Inauguriamo oggi le proiezioni pomeridiane, da quest’anno al Palazzo XNL (via Santa Franca 36); alle 18 appuntamento con il primo slot di Back to Black, corti dedicati alla cinematografia afrodiscendente alla luce del movimento Black Lives Matter.

Dalle 20.15 ci vediamo a Parco Raggio per la cena nel boschetto e le proiezioni dalle 21. Il post proiezioni stasera è particolarmente ricco:

  • alle 23.30 in serra il primo slot dei corti EFA
  • sempre alle 23.30 nel famigerato boschetto il live di Bea Zanin & Davide Vizio

À plus!

Lune – Zoé Pelchat
Visto da Irene Pagano

Babz è una donna timida e solitaria che lavora come cuoca in una tavola calda quando viene colpita da un cliente abituale, il signor Ayoush, e dal suo sguardo gentile e dolce. Lottando per conciliare il suo passato di ex-detenuta e le sue aspettative per un nuovo inizio e un’esistenza comoda e soddisfacente, Babz riafferma la sua autostima attraverso un mantra dal momento in cui si sveglia a quello in cui si addormenta: lei merita la Luna. Se riesce davvero a convincersi di questo, percorsi inaspettate potrebbero aprirsi davanti a lei, rivelando occasioni che potrebbe invece perdere, se continuasse a distogliere lo sguardo da ciò che realmente la sua vita potrebbe diventare.
“Lune” di Zoé Pelchat racconta la sua storia attraverso dialoghi naturalistici e personaggi amabili e familiari. Mentre la protagonista sbriga le sue faccende, scherza con il suo collega di lavoro e cerca di inserirsi partecipando a feste e mascherando il suo senso di disagio e di ansia, lo spettatore non può fare a meno di tifare per lei e, proprio come un buon amico, incoraggiarla. Lavati la faccia, pettinati, non cercare di apparire perfetta (tanto nessuno crederà che tu lo sia): hai diritto una possibilità di essere felice, proprio come tutti gli altri. Non c’è abbastanza tempo da sprecare pensando di non meritarsela.

Dom w skorupce – Renata Gasiorowska
Visto da Vanessa Mangiavacca

Conosciuta per il famosissimo Cipka, la regista e animatrice polacca Renata Gąsiorowska realizza durante il lockdown il brevissimo cortometraggio Dom w skorupce (Home in a shell), prima italiana a Concorto Film Festival. Bastano pochi minuti per imbastire una  tutt’altro che banale ed estroversa riflessione sul cambiamento delle nostre abitudini durante l’anno pandemico, le bolle, o meglio i gusci che ci siamo costruiti. Così risulta rassicurante guardare un live stream di galline in gabbia costrette a muoversi tra le quattro reti di un pollaio, trovando pennuti che si comportano come te. Convinto di essere libero e superiore, l’essere umano finisce per scoprire di essere il più addomesticato degli animali: dai propri vizi, da abitudini claustrofobiche, da una pigrizia mentale. Da un moltiplicarsi di schermi e luci innaturali. Una presa di coscienza che lo spinge a “uscire dal guscio” e aprire le ali.

Who, what and when? – Francesco Vecchi
Visto da Vanessa Mangiavacca

Who, What and When?, prima mondiale a Concorto 2021, è l’ultimo cortometraggio di Francesco Vecchi, regista di animazioni presente per la prima volta in concorso ufficiale nel 2015 con l’opera La flèche delta (e l’anno seguente con Arco e Frecce). I toni favolistici e fantastici che contraddistinguono alcune delle sue creazioni sono qui ricoperti da tinte scure, pesanti, – una notte perenne – e pennellate espressioniste: l’onirico scompare per dare spazio alla sfera politica di un preciso paese, l’Egitto, in un simbolico viaggio a tappe che ne attraversa la terribile situazione sociale per concludersi poi in Italia, sulla vicenda di Patrick Zaki. I tratti fumettistici non rendono la realtà meno cruda ma fungono da amplificatori dell’oppressione di cui sono vittima le donne e coloro che si occupano della libera informazione – giornalisti, fotografi, attivisti – con richiami mai così attuali. Il genere dell’animazione esce dai propri confini prestabiliti (così come fu per Tracing Adda di Esther Niemeier in concorso nel 2019) divenendo mezzo di protesta e denuncia esplicita. Who, What and When? punta il dito contro le inefficienze del governo italiano e con fare documentaristico ci ricorda una delle possibilità del cinema: dire la verità.

Still Processing – Sophy Romvari
Visto da Vanessa Mangiavacca

But I continue moving ahead, slowly, moving ahead, and some glimpses of happiness and beauty come my way. – Jonas Mekas

Il tempo della perdita e dell’elaborazione del lutto è un tema che ritorna ciclicamente in molte opere brevi, come se i registi stessi cercassero attraverso la cinepresa – osservandosi da dentro e per poi ri-osservarsi da fuori – una forma di terapia. È un processo retrospettivo, ancora in corso (per quanto?) come dice il titolo dell’opera di Sophy Romvari, Still processing. Una scatola di fotografie riporta alla luce una silenziosa e onnipresente spirale di dolore: la regista canadese riesce a tradurre in immagini e attraverso minuziosi momenti del quotidiano l’accanirsi del tormento e panico emotivo causato dalla morte dei due fratelli. La realtà perde i propri suoni e in sottofondo resta il ronzio, il sussurro dei pensieri in un monologo rinchiuso nella testa che diviene magma invadente, irrazionale e indomabile. È sull’immagine, statica – le fotografie, i positivi e i negativi – e filmata – i video amatoriali dell’infanzia- che la regista lavora, stabilendo con loro un rapporto quasi materico, di analisi e poi di dialogo, in una sorta di lettera finalmente scritta tra le pareti di una camera oscura.

Polka-dot boy – Sarina Nihei
Visto da Sofia Brugali

Con Polka-dot Boy (“Il ragazzo con i pois”), Sarina Nihei dimostra che sette minuti sono più che abbastanza per creare una trama fitta, intricata e ricca di suspense, fatta di strane malattie, abusi e sette segrete. Il cortissimo thriller animato gioca con l’inquietante contrasto fra colori pastello e contenuti violenti, mentre la struttura a climax intreccia le storie dei personaggi in modo graduale. Un fattorino pieno di macchie nere sulle braccia, una ragazza le cui gambe smettono improvvisamente di funzionare e una misteriosa vendicatrice sono inconsapevolmente unitə dallo stesso tragico passato: sono vittime di un culto segreto portato avanti con la compiacenza dell’ospedale cittadino.

Somleng Reatrey – Chanrado Sok
Visto da Yorgos Kostianis

Clic-clac, tok tok, parte il suono della notte.
Echeggia per le strade deserte e indigenti di Pnom Penh mentre Vibol e suo fratello Kea vagano al buio sul loro carrello motorizzato, cercando disperatamente di attirare l’attenzione di clienti che potrebbero comprare i loro tagliolini da due soldi.
Fin dalle sue prime inquadrature, è chiaro che il film si impegna a mantenere uno sguardo quasi documentaristico sulle disparità socioeconomiche che affliggono la Cambogia attraverso le peregrinazioni dei due fratelli e i loro incontri; e proprio in questo fine sta il suo merito, ma anche il suo limite.
I violenti teppisti, la sorella allontanata per via del suo mestiere dissoluto, ma anche i poveri protagonisti – benché molto realistici – appaiono più come un’ incarnazione del conflitto sociale tra moralità e aspirazione economica che veri personaggi approfonditi.
Il film cala il sipario con una domanda quasi retorica: “cosa può farti guadagnare dei soldi?” mentre i fratelli guardano i grattacieli oltre il fiume, sognando un’altra vita, pochi istanti prima del loro prossimo turno.

Pa Vend – Samir Karahoda
Visto da Sofia Brugali

Primo cortometraggio kosovaro a concorrere per la Palma d’Oro al Festival di Cannes, Pa Vend (Displaced) racconta la storia del club di ping-pong “Lega di Prizren” nel Kosovo post-bellico. Dotati di alcuni tavoli da gioco e tanta, tanta dedizione, due giocatori professionisti ed un allenatore si muovono di locale in locale per poter continuare gli allenamenti: infatti, nonostante le capacità dei suoi soci, il club può contare solo sulla loro volontà. La loro situazione rimanda al più ampio contesto storico e ai numerosi profughi di guerra: gli stessi protagonisti sono migranti tornati nel Paese natale, chi volontariamente, chi perché deportato.

God’s daughter dances – Sungbin Byun
Visto da Margherita Fontana

Siamo in Corea del Sud, Shin-Mi è la ballerina transgender più acclamata del club in cui si ebisce. La forza della sua performance risiede nel farne un esorcismo della violenza subita dal padre nel momento della rivelazione della sua identità. Shi-Mi viene convocata per la leva militare: ne seguirà un braccio di ferro psicologico e fisico con la lentezza della burocrazia e la brutalità dell’indagine medica e psicologica che la ragazza dovrà subire per dimostrare veramente chi è. Vincitore del Premio del pubblico a Clermont-Ferrand 2021, God’s Daughter Dances di Sungbin Byun è un racconto sfacciato ed energico, un’ode, forse a tratti stereotipata, all’affermazione della propria identità, radicata nel corpo come nella mente, nel vigore della danza, come nell’intimo del desiderio.