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Ieri ci avete raggiunto in tantissimi e soprattutto super disciplinati e distanziati! Platea stracolma e serra popolata fino a tarda notte.
Navighiamo quindi verso il secondo giorno di Concorto 2020 che inizierà con la proiezione gratuita ore 18 a Palazzo Ghizzoni Nasalli: da non perdere il primo slot del Focus Irlanda! (qui le recensioni)

Il parco quest’anno apre un po’ prima, ore 20.30, per permettervi di entrare con calma e di godervi una cenetta alla luce della sera grazie ai nostri food truck.

Ore 21 inizio con Nachts sind alle katzen grau che esplora il limite tra mondo umano e mondo animale, a seguire il toccante corto Revolykus di Victor Orozco Ramirez, vecchia e affezionata conoscenza di Concorto. Chiude la prima parte Fische, una surreale storia di ricongiungimenti emotivi.
Clean with me (after dark), straordinario desktop documentary che riunisce cleaning video da milioni di visualizzazioni presi da canali YouTube e profili Instagram, inaugura la seconda parte seguito da Homeless Home animazione che ci porta nell’eterno ricerca di una redenzione, seppur effimera. Chiudono il palestinese Al Hadiya, che mette a fuoco una questione purtroppo quotidiana attraverso l’archetipo del frigorifero nuovo, e Family Plot, gustosa commedia giapponese.

Dopofestival molto gustoso con Glomarì live nel boschetto, mentre in serra proiezioni notturne con il Focus Elle e la seconda parte di Deep Night.

E se piove? Concorto in caso di pioggia non si ferma. Quest’anno ci spostiamo online se c’è maltempo!
Come puoi quindi partecipare alla serata?
1. Acquista il tuo biglietto online
2. Attendi la nostra mail (la riceverai entro le 21 della serata annullata in caso di pioggia) in cui ti invieremo le credenziali di accesso alla piattaforma VOD (video on demand). Potrai visualizzare i film per 24 ore. 📼
3. Buona visione!

Se hai già acquistato un abbonamento ti invieremo il link via mail, non dovrai fare nulla.
👉 Per sapere se ci saranno serate annullate controlla regolarmente i nostri social.

 

Nachts sind alle Katzen Grau – Lasse Linder
Visto da Vanessa Mangiavacca

All cats are grey (in the cave) cantavano i The Cure nel 1981, evocando atmosfere intime e solitarie, le stesse che scorgiamo in questa opera breve tedesca. All cats are grey in the dark è anche un diffusissimo modo di dire americano: al buio le apparenze, le caratteristiche fisiche ed esteriori non possono essere viste, quindi non contano. Partendo da questo intuitivo (ma per niente facile nella sua concreta applicazione) proverbio, il regista Lasse Linder ci pone, quasi senza accorgercene, un interrogativo fortemente indagato, soprattutto nella cultura occidentale a partire dagli anni Sessanta: esiste, e se esiste qual è, il confine tra animale e uomo? Attraverso larghe e statiche inquadrature viene ritratta la vita di un uomo di mezz’età intento a creare un nuovo nucleo familiare insieme ai suoi due gatti grigi, Katiusha e Marmelade. Ne risulta un toccante e profondo ritratto, la raffigurazione di un amore incondizionato e impensabile che conduce ad una ridefinizione dei concetti di affetto e famiglia, a partire dal contatto tra individuo e natura. Il rapporto con l’animale invita l’essere umano a scorgere una nuova e originaria immagine di se: ciò che li differenzia non è la ragione bensì un cuore pulsante privo di esigenze, meschinità ed egoismi materiali.

Revolykus – Victor Orozco Ramirez
Visto da Elena Saltarelli

In questo cortometraggio il regista messicano, residente in Germania, Victor Orozco descrive le motivazioni e le conseguenze del suo trasferimento. Attraverso le riprese a passo uno e la componente sonora come attori principali, si cimenta nell’illustrazione scenica di una linea temporale, relegando a un voice over le dinamiche che il connubio immagine-suono rappresentano. Un esperimento fortemente lirico, che trattiene e interiorizza vicende sia personali che sociali, annullando i livelli di significato che li distinguono e trasponendoli sulla stessa linea narrativa. Con grande sintesi riesce a comprimere diversi avvenimenti in poche parole, scandite da un’immagine martellante ed evocativa. La forte accezione allegorica rende davvero possibile immedesimarsi nel racconto proposto dalla voce narrante: rendere condivisa un’emozione non condivisibile sembra il fine ultimo del regista, sempre altalenante tra l’impersonale e l’intimo. In quei 12 minuti la missione sembra quella di far provare allo spettatore il suono dell’annichilimento, di far sentire l’odore della polvere che si alza e della paura. Di mettere in condizione lo spettatore di chiedersi se l’odore della polvere è lo stesso della paura; e di lasciarlo senza risposta perché nel tempo stesso della domanda si è già andati oltre, molto lontano dal fotogramma precedente.

Fische – Raphaela Schmid
Visto da Carlotta Magistris

Un claustrofobico ristorante cinese con ritualistici involtini primavera, fotografia satura e tavoli dove si svolgono narrazioni, intrecci di vita normali e cesure emotive da uscita a cena con un armonioso gusto grottesco di sottofondo che caratterizza un certo cinema tedesco attuale. In questo mosaico, risalta con forte impatto emotivo il ricongiungimento di una sorella e un fratello e un pesce rosso fra di loro, reduci dal lutto più pesante della loro vita, due sensibilità a confronto in pieno bisogno di riavvicinamento per elaborare insieme una riconciliazione personale ed emotiva.

Clean with me (after dark) – Gabrielle Stemmer
Visto da Vanessa Mangiavacca

Concorto ha sempre dato spazio a tematiche femminili e ancor di più lo farà in questa 19esima edizione (come è già stato sottolineato): se c’è un corto all’interno della selezione che rientra in questo frangente è sicuramente Clean with me (after dark), “desktop documentary” dell’esordiente Gabrielle Stemmer, in stretta ed evidente correlazione con il focus Elle. Un’insieme di cleaning video da milioni di visualizzazioni presi da canali YouTube e profili Instagram, uniti attraverso un articolato e perspicace montaggio privo di alcun commento extradiegetico se non il suono dei click del mouse, mostra autonomamente l’aberrante assurdità di quella realtà casalinga e l’inferno psicologico che colpisce buona parte delle donne americane (e non solo). La giovane regista francese analizza e decostruisce quel modello antifemminista ben confezionato e alimentato principalmente dai media, dalla società maschile ma anche dalle stesse donne, che involontariamente e inconsapevolmente si trovano vittime della pressione sociale e politica che le riduce ad annullare la propria identità per essere mogli, madri, casalinghe, Barbie identiche e perfette. È un copione che si sparge e si ripete: dai tutorial sulla cucina a quelli del trucco, sono molteplici i video di donne che fiere esibiscono le proprie capacità nel campo. La loro femminilità si riduce ad un costrutto imposto che diviene una vera e propria prigione mentale, emotiva, nonché un enorme peso psicologico. Donne uguali e impeccabili, in quel regno (infernale) che è la loro casa: un ritratto terrificante che rischia di coinvolgere anche le generazioni future.

Homeless Home – Alberto Vasquez
Visto da Irene Pagano

Il passato è una ferita purulenta, destinata a non essere curata. Possiamo provare a sfuggirgli, ad ignorarlo, ma non possiamo mai liberarci dal dolore nè dall’odore. Nel dimenticare non c’è catarsi.
Attraverso bellissimi character design e artwork e delle performance di doppiaggio così accurate da far male, Alberto Vàzquez costruisce la metafora illustrata di una città putrida, squallida e affascinante. Vivere in un ambiente che legittima e normalizza realzioni tossiche, comportamenti patologici ed abusi, un posto in cui tutti sono almeno un po’ morti, può facilmente portare i giovani a rinunciare alla prospettiva di raggiungere una percezione più sana di felicità rispetto a quella di cui i loro genitori si sono accontentati. Una mentalità nichilista e l’ottundimento dei sensi appaiono come l’unica opzione per chi non può fuggire da una comunità velenosa. Ci vorrebbe quasi un miracolo per non sprofondare nella malattia, per non accettare le dinamiche marce che governano ogni azione, ogni interazione. Ma nemmeno in un mondo magico ci si può affidare ai miracoli. Ciò che serve è una specie di luce interiore, la forza di obbligarsi a uscire da meccaniche radicate e distruttive e di affermare il proprio diritto alla vita, anche se potremmo essere in uno stato così debilitante da non crederci più. La volontà di continuare a vivere e sperare e agire, anche quando non ce la sentiamo. “Homeless Home” è la storia di una mancata redenzione e della ricerca dell’angolo di pace in cui non dobbiamo eliminare i pesi che ci portiamo dietro, ma forse possiamo posarli a terra per un attimo e sentire che esistiamo nonostante quelli, non tramite loro.
Auguro buona fortuna all’Orco ed alla Piccola Strega. Davvero.

Al Hadiya – Farah Nabulsi
Visto da Sofia Brugali

Il Presente è l’eloquente titolo del cortometraggio di Farah Nabulsi, un’opera che presenta al mondo la quotidianità della violenza nella vita del popolo palestinese.
Yusuf si reca, accompagnato dalla figlia Yasmine, a comprare un regalo per la moglie in occasione del loro anniversario di matrimonio: un nuovo frigorifero, per sostituire quello vecchio e difettoso.
Sarebbe una storia semplice, se l’ambientazione non fosse quella della Palestina occupata dall’autorità israeliana: Yusuf e la figlia devono infatti superare il checkpoint che li separa dalla città, un luogo in cui le loro identità sono controllate e le loro vite subordinate agli umori dei giovani militari d’istanza. Umiliato di fronte alla figlia e rinchiuso in una gabbia in attesa dei suoi documenti all’andata, Yusuf perde il controllo quando, tornando a casa, gli viene impedito di portare l’ingombrante regalo al di là del posto di blocco.
In una scena che ben esemplifica la natura del “conflitto” israelo-palestinese, sarà il coraggioso intervento di Yasmine a provocare un inaspettato lieto fine.

Family Plot – Shuichi Okita
Visto da Margherita Fontana

Cosa non si fa pur di avere una connessione Wi-Fi gratuita?
Nell’era dello streaming digitale e delle piattaforme di on demand, non resta che accendere il televisore e collegarsi alla rete. Tuttavia, il giovane e squattrinato Dobashi si trova solo nel suo nuovo appartamento spoglio, senza connessione a internet, e ha appena saputo che la videoteca sotto casa ha chiuso i battenti. Non gli resta dunque che tentare di circuire i suoi anziani padroni di casa, che abitano nella porta accanto, alla ricerca della password del loro Wi-Fi: quello che non sa è che sarà presto coinvolto in un tenero e allo stesse tempo macabro, scambio di persona.