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a cura di Vanessa Mangiavacca e Yorgos Kostianis

Shortcut è il nuovo format di Asino Vola blog dedicato alle opere brevi: una carte per niente blanche rivolta ai registi e alle registe che hanno segnato le precedenti edizioni di Concorto.

Sembra trascorsa una vita da quella passata – la luce della luna, il profumo degli igienizzanti – ma buona parte del pubblico concortiano si ricorderà di Clean with me (after dark), desktop documentary vincitore del premio della Giuria Giovani. Nel terzo numero di Shortcut abbiamo intervistato la sua realizzatrice, Gabrielle Stemmer.

Dopo una laurea in Letteratura, Gabrielle Stemmer ha studiato montaggio a La Fémis. Durante la sua formazione ha diretto Doug’s Theory, falso frammento di un vero documentario, e Clean With Me (After Dark), il suo film di diploma. Oltre al suo lavoro di montatrice, Gabrielle i suoi progetti personali si concentrano sugli archivi internet, sul tema delle immagini ingannevoli e sulla questione dei modelli femminili. Oscillando tra documentario e fiction, ha anche diretto Nullipara, Bolly Coco IRL e Women on Tik Tok.

1 – Se dovessi presentare te stessa con solo uno dei tuoi film, quale sceglieresti?

Clean With Me (After Dark) di Gabrielle Stemmer – 2019

Clean With Me (After Dark) il mio progetto di laurea a La fémis. Questo film nasce dalla mia inquietante passione per i video di pulizie su YouTube. L’impulso iniziale era: perché diavolo li sto guardando? Il che mi ha portato alla domanda successiva: chi li fa e perché? Questo film è molto importante per me, mi ha fatto girare molti festival, incontrare altri registi e ha scatenato un sacco di discussioni con pubblici differenti. Ed è con questo film che ho iniziato a lavorare su un materiale e una forma che mi interessano enormemente.

2 – Un cortometraggio che metteresti in una capsula del tempo, in modo da conservarlo per le future generazioni. 

Mat et les Gravitantes di  Pauline Pénichout – 2019

Scelgo Mat et les Gravitantes di Pauline Pénichout, mia collega a La fémis. La grana dell’immagine, questo gruppo di intense giovani donne, le loro domande, richieste e rivolte ti fanno sentire come se avessi appena aperto una capsula del tempo proveniente dagli anni Settanta e da un film di Carole Roussopoulos. Ma nelle parole di Mat e delle sue compagne, si sente la voce della lotta femminile di oggi. È un corto bellissimo – e anche abbastanza informativo!

3 – Il film che guardi quando ti senti malinconico.

– Semiotics in the Kitchen di Martha Rosler – 1975

L’ho scoperto di recente, ma è il primo che mi è venuto in mente. Adoro il modo in cui affronta un problema reale in modo malizioso. Ma la mia risposta onesta sarebbe: quando ho la depressione, guardo solo i bloopers di Friends come chiunque altro.

4 – Un’animazione psicotropa che ti risucchia dalla realtà. 

– Le Repas Dominical di Céline Devaux – 2015

Mi piace tutto: i disegni, la musica, le parole, la voce di Vincent Macaigne e i cambiamenti d’umore in un attimo!

5 – Un cortometraggio che consideri fondamentale nella storia del formato corto.

La Jetée di Chris Marker – 1962

Un punto di riferimento nella storia del cinema – punto – ma dovevo citarlo. È semplicemente un capolavoro, senza età, tenero eppure così oscuro. Ce l’ho sul mio telefono, solo il suono senza immagine, e lo ascolto durante i miei spostamenti. La voce di Jean Négroni e la musica di Trevor Duncan mi tengono compagnia in metropolitana o per strada.

6 – Un cortometraggio che ti lascia imbambolato e senza parole davanti allo schermo.

 Eût-elle été criminelle di Jean-Gabriel Périot – 2006 

Sono una grande fan dei lavori di Périot. Ha un modo così intelligente di mescolarsi agli archivi e di mescolarci a loro. Questo cortometraggio in particolare, che tratta il lato oscuro della Liberazione Francese nel 1944, opera attraverso il re-framing e il rallentamento delle immagini, un processo al quale sono particolarmente legata. Anche l’assenza di voce fuori campo mi ha ispirato molto nel decidere il titolo del film che comparirà nella mia prossima risposta.

7 – Un cortometraggio che ti fa sentire in vena.

– Transformers : The Premake di Kevin B. Lee – 2014 

Quel film mi fa venire voglia di creare, di indagare ed essere giocosa nel mio lavoro. È un’indagine digitale sconvolgente, che parte da un punto piuttosto innocuo e ti porta a una conclusione implacabile. C’è qualcosa di così contagioso nei desktop film: ti senti come se anche tu potessi creare i tuoi e che internet è un vasto territorio a tua completa disposizione… non ci sono limiti. 

8 –  Cosa ti manca di più dei festival cinematografici?

Quello che mi manca di più è origliare le reazioni del pubblico, come ridono o smettono di ridere, come trattengono il respiro o si sussurrano le cose, ma anche il suono così familiare di un telefono che cade e colpisce il tappeto morbido della sala. Mi manca anche la birra dopo la proiezione, nel bar affollato o sull’erba fuori dal cinema.

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