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a cura di Simone Bardoni in collaborazione con Bogoshorts

Focus Colombia – BOGOSHORTS world tour

Da sempre interessati a esplorare e diffondere cinematografie minori e meno conosciute, a Concorto negli anni si sono dedicati focus geografici a decine di paesi europei e internazionali, con uno sguardo particolare all’Europa e alle produzioni più vicine e allo stesso tempo meno note al grande pubblico. Quest’anno si è invece deciso di ampliare la ricerca e fuoriuscire dal continente europeo e tornare a occuparci di Sudamerica. Dopo Cuba e Argentina, il focus territoriale della ventunesima edizione di Concorto sarà dedicato alla Colombia. Negli ultimi anni le produzioni di film colombiani di altissimo spessore, ricerca visiva e di contenuti potenti connotati da forte carica emotiva, si sono moltiplicati. I film colombiani sono diventati tra i più interessanti nel panorama contemporaneo, sia per freschezza di visioni dedicate al contemporaneo, sia per innovazioni stilistiche sia nel campo delle fiction che delle animazioni e documentari. Come il cinema di molti altri paesi del Sud del mondo, anche quello colombiano ha vissuto negli ultimi vent’anni una crescita esponenziale. Per dare un’idea dell’entità di questo fenomeno, dal 1993 al 2000 non sono mai usciti più di quattro film colombiani all’anno, ovvero meno del 2% dei film proiettati in sala sul territorio nazionale; nel 2012 i titoli colombiani sono stati 23, nel 2017 ben 44. Naturalmente la crescita non è stata solo quantitativa; nell’ultimo decennio sono stati prodotti diversi film che hanno saputo fotografare, attraverso il prisma della violenza in ogni sua forma, la storia più o meno recente del paese. Molti i titoli meritevoli di una menzione, come Un mondo fragile (La tierra y la sombra) di César Augusto Acevedo, vincitore della Caméra d’or per la miglior opera prima al Festival di Cannes 2015, sulla tragedia di una famiglia di contadini vittima di sfruttamento, o il recentissimo Frío en la montaña di Edison Gómez Amaya, appena presentato all’8° Festival internacional de cine por los derechos humanos, che racchiude in un dramma da camera la storia del conflitto armato che ha segnato il paese negli ultimi sessant’anni. Un cinema sociale, intimo e universale allo stesso tempo, che, sia nei lungometraggi che nei cortometraggi, riflette le sfaccettature di un paese complesso e in continuo cambiamento. Il focus Colombia di Concorto 2022 porterà queste visioni durante la settimana del festival con un doppio appuntamento di proiezioni.

The selected shorts

by Simone Bardoni

Dora sena, Jorge Caballero Ramos, 2020

Entelequia, Daniel Ochoa Colombie, 2021

Entre tu y Milagros, Mariana Saffon, 2020

(Sin Asunto), Guillermo Moncayo, 2021

Todo es culpa de la sal, María Cristina Pérez 2020

Zarzal, Sebastián Valencia, 2022

Zarzal – visto da Francesca Marchesini

Persone scomparse, massacri e armi: questo lo stereotipo che serie tv e film ci hanno insegnato ad associare alla Colombia mettendo in scena sparatorie sanguinose e lotte tra cartelli della droga. Il cortometraggio di Sebastián Valencia non spezza questo legame tra il Paese e il crimine, ma lo dipinge attraverso gli occhi di un padre e di un figlio che vivono la loro quotidianità; si ha piena coscienza del contesto abitato dai protagonisti, senza che l’opera risulti caricaturale. La Colombia di Zarzal è, innanzitutto, viaggi in macchina, giochi in piscina e granite al parco… ma la sparizione di un certo Morocho e l’omicidio di una famiglia non possono non alimentare la narrazione con una significativa tensione.

Sin Asunto – visto da Francesca Marchesini

Guillermo Montecayo vuole spezzare il ciclo del trauma transgenerazionale cercando nel proprio passato la forza per rivolgersi al futuro. Una voce suggerisce l’idea per un soggetto cinematografico: un guardiano dello zoo riprende i contatti con la figlia dopo un incidente stradale. Nella realtà i figli sono due, l’incidente non aveva effettivamente causato un trauma cranico e la ragazza coinvolta è la sorella del regista. Il cortometraggio si trasforma in terapia e, attraverso il racconto, il protagonista cerca di mettere da parte la nostalgia provata per gli altri (e dagli altri) così da affrontare la paternità senza instillare nel proprio figlio gli stessi traumi derivanti da un pattern psicologico famigliare. Il lavoro di Montecayo risulta così uno spaccato filmico estremamente intimo.

Entelequia – visto da Francesca Marchesini

Un contadino cerca di affrontare la propria vita come se nulla fosse successo dopo aver commesso un macabro omicidio. Nessuna indagine, nessuna ricerca del colpevole, nessuna spiegazione dell’accaduto. La scena è pervasa da una dimensione religiosa molto forte: il rito cattolico della Via Crucis, il sacrificio di Gesù Cristo per l’umanità… possiamo considerare questo omicidio un atto di devozione? O, forse, un rito di espiazione per qualche altro peccato sconosciuto al pubblico? Nel cortometraggio di Daniel Ochoa la purezza bianco latte si tinge di nero mentre le immagini di un’esistenza rurale e ricca di carica spirituale scorrono silenziose sullo sfondo.

Dora Sena – visto da Francesca Marchesini

In un articolo del 1965, Italo Calvino descriveva l’emergere dell’antilingua che escludeva la facilità e profondità espressiva in funzione della “burocratizzazione” del significato. L’uso di un linguaggio estremamente tecnico e lontano da quello parlato non è un problema che coinvolge naturalmente solo l’italiano, è sicuro però che in certi settori, come quello giuridico, la “professionalizzazione linguista” crea un significativo distacco tra addetti ai lavori e popolazione. Jorge Caballero inventa “Dora Sena”, un sistema di intelligenza artificiale in grado di formulare proposte di legge per il Parlamento colombiano così da velocizzare i tempi di approvazione delle normative in tempo di pandemia e renderle più comprensibili. Attraverso l’informatizzazione del processo legislativo, Caballero evidenzia ancora maggiormente l’artificiosità di questa impostazione sociolinguistica; il contrasto tra una voce narrante robotica e immagini in cui manca la presenza fisica dell’uomo, poi, suggeriscono un forte senso di alienazione: come esercitare controllo su una situazione di totale abbandono?

Entre tu y Milagros – visto da Margherita Fontana

Entre tu y Milagros è un toccante ritratto di un rapporto madre-figlia, e del suo mutare nel corso del tempo, allo scoccare dell’adolescenza. Milagros è una ragazza di quindici anni, ancora legatissima alla madre, sua unica figura genitoriale di riferimento. Un’estate, l’incontro inaspettato con la morte farà vacillare la loro relazione e la sua stessa esistenza. Presentato a Venezia, nella sezione Orizzonti, il corto colombiano di Mariana Saffron nasce dalla riflessione della regista sul rapporto con la madre e all’emersione della sua persona che sostituisce la piattezza del suo ruolo. L’azione si consuma sullo sfondo del contesto sociale colombiano, percorso da dinamiche nocive e diseguaglianze ormai pervasive al punto da essere invisibili.

Todo es culpa de la sal – Visto da Vanessa Mangiavacca

È tutta colpa del sale, di un oggetto fuori posto, di una piccola scelta sbagliata, di una frustrazione di troppo, della rabbia soffocata, delle parole sottaciute. Il cortometraggio della giovane regista colombiana María Cristina Pérez è una animazione in 2D, composta da dipinti, da materiche e compatte pennellate che danno vita a una famiglia di bradipi. Le animazioni ritraenti personaggi antropomorfi non sono certo una novità, tanto meno a Concorto, eppure è la prima volta che vediamo l’animale simbolo della lentezza per antonomasia in queste fattezze: il processo di estraniamento si fa più forte e il peso delle malinconia sembra duplicarsi. I bradipi trascorrono la loro vita sempre sugli alberi e questo è uno dei tanti segreti che li ha salvati dall’estinzione: In Todo es culpa de la sal scendono a terra e si vestono delle complessità emotive, economiche e sociali del vivere nel  mondo dell’uomo. Un delicato e intimo racconto familiare, narrato in prima persona dalla figlia maggiore, capace di posarsi sugli sguardi di una madre infelice e di un padre distratto e assente: in fondo, il possibile ritratto di una famiglia qualunque.

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