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a cura di Vanessa Mangiavacca e Yorgos Kostianis

Settimo appuntamento di Shortcut e La Jetée ancora ci insegue, questa volta tra i capisaldi cinematografici del regista greco Konstantinos Antonopoulos. Postcard from the end of the world non è il riassunto dello scorso anno ma il titolo del suo cortometraggio, proiettato a Concorto in concorso ufficiale..proprio nel 2020. 

Una selezione ovviamente ricca di visioni apocalittiche, tra mal de vivre e realtà distopiche. 

Konstantinos Antonopoulos è un regista che vive ad Atene, in Grecia. Il suo ultimo corto Postcards From The End Of The World (2019) ha fatto il giro del mondo vincendo premi in festival come l’Aspen Shortsfest, l’Internationale Kurzfilmtage Winterthur e il Festival Regard. Ha studiato cinema alla Columbia University, NY, dove ha diretto diversi corti, tra cui Without Glasses (2009) e Lea (2013). Tornato ad Atene ha co-scritto il lungometraggio Symptom (2015) e ha diretto alcune serie di documentari per la TV e il web. Nel 2019 ha ricevuto lo Stavros Niarchos Foundation Artist Fellowship Award. Crede nella pazienza.

1 – Se dovessi presentare te stesso con solo uno dei tuoi film, quale sceglieresti?

Dipende dal mood del giorno, se la vita sembra un ciclo infinito di disperazione andrei per Postcard from the end of the world (2019), se invece vi sentite più vicini all’ossessione, alla gelosia e all’autodistruzione, perché non Lea (2013)? 

2 – Un cortometraggio che metteresti in una capsula del tempo, in modo da conservarlo per le future generazioni. 

La Jetée di Chris Marker – 1962

La Jetée di Chris Marker è di per sé una capsula del tempo, preservando la memoria dell’amore, così come la storia eternamente ripetuta dell’umanità – tutto ciò impresso in poche immagini fisse.

3 – Il film che guardi quando ti senti malinconico.

The external world di David Oreilly – 2010

Se senti la malinconia, perché non immergersi più a fondo in essa – e forse trovare una via di fuga verso l’altro lato? The external world (2010) copre tutti i passi di questo processo: è brutale, triste, surreale, personale e bello.

4 – Un’animazione psicotropa che ti risucchia dalla realtà. 

Remedial reading comprehension di Owen Land – 1970 

Hey, Remedial reading comprehension di Owen Land non è un animazione, questo è vero. Eppure sembra un’animazione, che riordina giocosamente le immagini in un sogno che insiste nell’annunciare a chi guarda: “Questo è un film su di te. Non su chi l’ha creato!”

5 – Un cortometraggio che consideri fondamentale nella storia del formato corto.

Lessons of Darkness di Werner Herzog – 1992

I 50 minuti di Lessons of Darkness di Werner Herzog sono troppi per classificarlo come cortometraggio? La sua narrazione è troppo irreale per classificarlo come documentario? Herzog usa la poesia per scoprire una verità sempre sfuggente che sfugge ai fatti.

6 – Un cortometraggio che ti lascia imbambolato e senza parole davanti allo schermo.

Lampa cu caciula (The tube with a hat) di Radu Jude – 2006

Nel 2007 mi sono ritrovato al Festival di Zagabria con il mio primo cortometraggio per la prima volta davanti a un pubblico. Un breve capolavoro nello stesso programma mi ha fatto dimenticare il mio film e ha sovraccaricato la mia mente con la sua bellezza, senza sforzo. Il suo nome è The tube with a hat di Radu Jude.

7 – Un cortometraggio che ti fa sentire in vena.

Escape from planet tar di Luigi Campi – 2014

Escape from planet tar del mio amico Luigi Campi è di gran lunga il miglior documentario psicoanalitico, fantascientifico ed educativo su una rottura mai concepito. Mi da ispirazione, mi fa ridere e mi fa piangere.

8 –  Cosa ti manca di più dei festival cinematografici?

Immagina di provare a cucinare il miglior cibo possibile, raccogliere con cura ogni ingrediente, passare mesi a tagliare, marinare, bollire e cuocere, finché finalmente il cibo è pronto. Non senti l’impulso di nasconderti in un angolo della stanza e spiare le persone che lo mangeranno?

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