a cura di Vanessa Mangiavacca e Yorgos Kostianis
Ma vi ricordate i Santo California? A quanto pare raggiunsero persino le terre messicane conquistando orecchie e cuori di molti, Victor Orozco compreso. Concortiano in più occasioni a partire dal 2013 con il cortometraggio Reality 2.0, sarà membro della giuria l’anno successivo e parteciperà ancora in concorso ufficiale nel 2018 con 32-Rbit e nel 2020 con Revolykus . Le cose da dire su Victor sarebbero tante, ma ci piace ricordarlo per la più grande carrambata della storia di Concorto, quando nel 2018 arrivò a Piacenza con effetto sorpresa (vedi foto).
Lo abbiamo intervistato in occasione di Shortcut n.6. Ne è emersa una selezione inedita e ricca di influenze orientali. Buona visione!
Victor Orozco Ramirez si è laureato in Industrial Design all’Università di Guadalajara (Messico) e in seguito all’Accademia di Belle Arti di Amburgo in Germania, specializzandosi in film documentario. Ha fondato Gremiodiseño (Design and Art laboratory) nel 1999. Fino al 2012 ha organizzato in Germania, Ecuador e Messico il festival cinematografico Ambulart, un progetto culturale il cui lo scopo era favorire lo scambio cinematografico tra la Germania e l’America Latina. Ha diretto diversi cortometraggi di animazione e documentari, che puoi scoprire qui.
2 – Un cortometraggio che metteresti in una capsula del tempo, in modo da conservarlo per le future generazioni.
–Every day, every day di Reem Karssli – 2013
Per me Every day, every day dovrebbe essere visto dalle generazioni future perché dimostra che anche nel posto sbagliato, al momento sbagliato, è possibile catturare la bellezza e i minuti di speranza e pace che può offrirti la natura.
3 – Il film che guardi quando ti senti malinconico.
–Missing one player di Lei Lei – 2015
Oh cherie, cherie, se mi sento un po’ depresso non guardo nessun film, preferisco la musica romantica italiana degli anni 70′ o 80′ come Drupi, Tozzi, i Ricchi e Poveri, Fiordaliso o I Santo California. La cosa che mi piaceva di più era il coro di Amore in tutta la sua essenza kitsch. Ma se devo scegliere un film dirò Missing one player, quest’opera d’avanguardia ha la capacità di mandarmi in quello stato d’animo.
4 – Un’animazione psicotropa che ti risucchia dalla realtà.
–Belladonna of Sadness di Eiichi Yamamoto – 1973
Questo non è un cortometraggio ma Belladonna of Sadness rappresenta perfettamente il concetto di psicotropo.
5 – Un cortometraggio che consideri fondamentale nella storia del formato corto.
–The House Is Black di Forugh Farrokhzad – 1962
The House is black è il film che personalmente mi ha segnato di più, è quello che ha definito il mio modo di fare e vedere film. In quest’opera dolore e bellezza sono poeticamente intrecciati. Una delle parti più rilevanti per me è il montaggio.
6 – Un cortometraggio che ti lascia imbambolato e senza parole davanti allo schermo.
Purtroppo devo ancora trovare un film capace di lasciarmi senza parole, ma sono abbastanza sicuro che A Weekend In Germany o Be loved di Jan Soldat avranno questo effetto su molte persone. Ho cercato i film su internet ma sono introvabili.
7 – Un cortometraggio che ti fa sentire in vena.
–Tape Generations di Johan Rijpma – 2011
Ogni volta che vedo un film di Johan Rijpma mi sento benissimo. I suoi film sono artistici e matematici allo stesso tempo. Un mix davvero rinfrescante.
8 – Cosa ti manca di più dei festival cinematografici?
Il momento che ricordo meglio è quando siamo andati a nuotare in un fiume, purtroppo mi sfugge il nome. Ai giorni nostri non è facile trovare un fiume pulito, l’ultima volta che feci un’esperienza del genere ero bambino. Mi sentivo come una sirena e mi sono divertito molto. Era l’ambiente perfetto, con la compagnia perfetta e le perfette chiacchierate. In più ci tengo a citare L’Angolo, l’ottimo cibo, i film a Parco Raggio e soprattutto tutti i miei amici!
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